Fino agli anni ’50 del secolo scorso ogni famiglia di San Giovanni in Fiore disponeva di un telaio in casa per la tessitura di coperte, “ozaturi”, tovaglie e copriletto di lana o di lino. Le donne, sia maritate e sia nubili, vi rimanevano inchiodate per intere giornate a tessere manufatti dai disegni arabeschi, facendo sentire lo sbattere della “navetta” che si avvertiva dall’esterno della casa, quando faceva la spola tra i fili dell’ordito, che mani leste e piedi cadenzati sulla pedaccia facevano avanzare a ritmo continuo. Le tessitrici di San Giovanni in Fiore, come quelle di Longobucco e di Castelsilano, erano rinomate in tutta la Calabria, perché da diverse parti chiedevano coperte, “ozaturi”, tovaglie e lenzuola di lino, quando le mamme si apprestavano a preparare il corredo per le figlie da maritare. Costituendo questa attività un’importante fonte di sostentamento per numerosi nuclei familiari, che al magro bilancio di un lavoro in agricoltura, aggiungevano i proventi del lavoro artigianale delle donne. Ora di telai in azione in paese ce n’era rimasto uno solo, quello di Marietta Talarico, 80 suonati, che nei giorni scorsi è stato smontato e portato in soffitta. Marietta aveva iniziato a tessere che aveva 12 anni, producendo inizialmente tovaglie per conto di Mariarosa ‘e Palazzo che le vendeva ai forestieri, poi il matrimonio con Giovanni Lopetrone e cinque figli (2 maschi e 3 femmine) che l’hanno impegnata tantissimo. “Ma io quando potevo – racconta – prendevo posto nel telaio e mi distraevo dai pensieri. Che non mancavano. Tessevo per le famiglie benestanti del paese, che solitamente pagavano in natura: con lana, formaggio, olio, grano e qualche lira, sempre utile per fare quadrare i conti in casa; oppure a metà che se facevo dodici tovaglie sei erano mie e le potevo vendere”. Oggi Marietta non ce la fa più a causa di quegli acciacchi che l’età solitamente porta e così ha deciso di smettere: “Ma mi dispiace tantissimo, perché era anche un’occasione per incontrare gente e discutere di tante belle cose che con questo lavoro si possono fare”. Poi ricorda la quantità di tovagliame tessuto per un corredo medio: 2 tovaglie da tavola, 12 salvietti (tovaglioli), 12 tovaglie da viso, 6 lenzuola, 12 strofinacci, 1 azaturu bianco di lana cu lu coppinu, 1 pinna a quadri e 1 bianca leggera per l’estate. Il suo apprendistato era iniziato nel catuoju della Taverna, come discepola di za’ Maria Meluso-Cannizzaro, che le ha insegnato a predisporre l’ordito e a ‘mbiare il telaio, quindi lo scambio di esperienze con Caterina Scandale, Rosina Biafora, Maria Oliverio, Franceschina Merandi. Ora l’ultima Penelope della Sila ha smesso di lavorare al telaio e quando ne parla (come ha fatto con noi) le si forma un nodo in gola che non scende giù facilmente.
Saverio Basile