La crisi economica in atto penalizza soprattutto i giovani
Occorre mettersi in gioco in termini più imprenditoriali
di Caterina Mazzei
Davvero i giovani di San Giovanni in Fiore hanno in mente solo il mito del posto fisso e vedono con sfavore l’idea di mettersi in gioco in termini più imprenditoriali o lavoro precario? E davvero tendono a cercare solo posti di lavoro vicini alla famiglia di origine? I dati di una recente ricerca, condotta tra i giovani fra i 18 e i 34 anni, ci aiutano a comprendere come stanno realmente le cose. La sicurezza e la stabilità del “posto” costituiscono senza dubbio, ancora oggi, l’elemento più attrattivo in un lavoro per la maggioranza relativa dei giovani sangiovannesi. Alla richiesta di scegliere qual è l’aspetto più importante in un’occupazione, più di uno su tre, cita senza esitazione il “posto fisso” che risulta contare assai più dello stipendio e ancor più dell’interesse del tipo di lavoro. Meno del 4% cita come elemento più importante la possibilità di fare carriera o quella di imparare cose nuove ed esprimere le proprie capacità. La posizione stabile di un lavoro, rappresenta dunque per gran parte della popolazione giovanile florense il connotato più atteso. Il che è, per molti versi, comprensibile dato che non tutti debbono possedere necessariamente uno spirito imprenditoriale, commerciale o artigianale; il fatto è che, nella fase economica che stiamo attraversando, conquistare un posto fisso costituisce per molti giovani un grande privilegio. Risulta particolarmente attratto dalla sicurezza del posto di lavoro chi possiede titoli di studio più bassi e, ovviamente, chi in questo momento è alla ricerca di un impiego. Questi orientamenti sono confermati anche dalle risposte al quesito relativo alla preferenza tra un lavoro “sicuro anche se meno redditizio” e uno “meno sicuro con più prospettive di reddito”: quasi nove giovani su dieci della nostra città, optano senza esitazione per la prima alternativa. La remunerazione può anche essere esigua, quello che importa è la sicurezza. Di qui una netta predilezione (per il 75%, con una diminuzione, comunque, rispetto a due anni fa quando era l’84%) per un mercato del lavoro “meno flessibile, con meno possibilità di licenziamenti, anche a costo di stipendi più bassi” piuttosto che uno più flessibile, ma che favorisce stipendi più elevati. Per conquistare il posto fisso, la maggioranza dei giovani sangiovannesi, è disposta ad affrontare molti sacrifici, compreso quello di trasferirsi lontano dalla propria casa. In particolare, oltre il 90% si dichiara pronto ad accettare un lavoro anche lontano dalla propria regione di residenza (ma il 10%, non risulta disposto a una soluzione simile). Invece solo poco più di metà (56%) dei nostri giovani dice sì all’idea di un posto di lavoro, anche se fisso, in un altro Paese europeo: l’apertura appare molto maggiore tra i giovanissimi fino a 24 anni, mentre si attenua, forse a causa di esperienze già vissute o famiglie già formate, tra chi ha tra i 25 e i 34 anni. È curioso notare che la disponibilità delle persone a trasferirsi appare relativamente più elevata tra chi possiede un diploma di scuola media superiore. I laureati, invece, forti del loro titolo di studio, appaiono, paradossalmente, più restii a spostarsi. Questa è, dunque, la cultura del lavoro prevalente nelle nuove generazioni del nostro Paese. Se è vero, come molti autorevoli studiosi e osservatori hanno sottolineato in queste settimane, che la prospettiva del posto fisso a vita è ormai sulla via del tramonto, travolta in particolare dai processi di globalizzazione e dalla sfavorevole congiuntura economica. E’ vero anche che questo mutamento pare accolto con grande sfavore e ostilità dai giovani del nostro paese.