di Giovanni Greco
La Chiesa della Sanità era fino a un quarantennio fa parrocchiale e serviva la popolazione residente nei rioni Cona, Timpone, Pilla, Scigato, Maruzza, Rovelli e parte della via Nova Sottana, che erano allora veri formicai umani. L’emigrazione per lavoro e lo sviluppo urbanistico hanno determinato il forte ridimensionamento di queste antiche rughe, che contano una popolazione molto scarsa. La chiesa, chiusa tra fabbricati e divenuta nel frattempo una dipendenza della chiesa madre, si affaccia su un piccolo spiazzo, da dove la strada precipita verso il sottostante ponte sul Neto. Oltre alla tradizionale novena annuale in onore della Madonna della Sanità e al triduo per santa Rita da Cascia, vi si celebra messa ogni domenica, nei giorni festivi e tutti i martedì. Vi sono officiati, quando c’è la richiesta, anche i battesimi, i matrimoni e le esequie per i defunti. Ma chi vuole visitarla la trova sempre aperta, grazie all’impegno e alla fede di Mario Belcastro, medico presso la locale SAUB, che si preoccupa quotidianamente di aprirla e chiuderla e di mantenere a posto ogni cosa. Per le opere d’arte che contiene, sarebbe bene includerla nei percorsi turistici, e, soprattutto, che i sangiovannesi la visitassero anche per fini artistici e culturali. Sul finire del Settecento nei locali posti sopra l’attuale sagrestia e in quelli addossati sul lato meridionale della chiesa, in seguito trasformati in canonica, hanno funzionato prima un Ritiro di sacerdoti e poi una Casa dell’Educazione concepita come scuola pubblica e avente come finalità l’istruzione dei giovani, in particolare di quelli appartenenti ai ceti meno abbienti. Promotore ne era stato Domenico Pizzi, un pio e santo sacerdote appartenente ad una famiglia benestante del paese. In quello stesso periodo la chiesa, come tutte le altre di San Giovanni in Fiore fu “aggiornata” secondo l’imperante moda barocca con gli altari e le pareti ricoperte di bianco stucco e abbellite con colonne, capitelli, decorazioni a fogliame e fiori, cornicioni a più strati e sporgenti, tondi e cornici mistilinee sulla volta a botte, destinate ad accogliere tele o pitture murali ad olio. Sul finire del secolo, per la realizzazione di queste opere, fu chiamato Cristoforo Santanna, certamente il più attivo e apprezzato pittore calabrese della seconda meta del Settecento, che a San Giovanni in Fiore aveva già lavorato per la chiesa abbaziale florense, in quella dell’Annunziata e nella sua bottega di Rende stava predisponendo la pala dell’Immacolata in gloria per chiesa dei Cappuccini. Nella chiesa della Sanità, in un medaglione con cornice romboidale sopra l’entrata è raffigurato l’incontro tra Gesù e la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, raccontato nel Vangelo di Giovanni. Nell’affresco è fissato il momento più intenso e alto del dialogo. Gesù è seduto su un lato del pozzo con il braccio sinistro appoggiato sul parapetto e con la gestualità della mano destra sta illustrando alla donna il significato dell’«acqua viva» donata da Dio e «sorgente di vita eterna», bevendo la quale non si avrebbe avuto «più sete». La samaritana dall’altro lato sembra guardare lontano meravigliata, pensierosa e confusa. Sul fondo c’è la sigla-firma del pittore: la C di Cristophorus e la S di Santanna incatenate, seguite da una P, che sta per pittore o pinxit (dipinse). Al centro della navata, racchiusa in una cornice mistilinea di formato esagonale, è rappresentata con un’avvolgente scenografia l’Assunzione al cielo e incoronazione della Vergine Maria. Bella come tutte le altre Madonne dipinte dal pittore, Maria sale al cielo accompagnata da uno stuolo di angeli e santi. Ad accoglierla nell’empireo tutta la Santissima Trinità con contorno di cherubini e serafini. Nella parte bassa c’è il sepolcro vuoto con sopra il lenzuolo sul fondo l’iscrizione C. Santanna Pingebat A. D. 1797». Poco più avanti, compreso pure in una cornice mistilinea, c’è l’Estasi di San Filippo Neri. Il patrono della gioventù è raffigurato nella sua classica iconografia con la barba e i capelli bianchi, vestito dei paramenti sacerdotali per la celebrazione eucaristica, appoggiato su una panca e sostenuto da due angeli, mentre riceve l’effusione dello Spirito Santo che gli appare sotto forma di colomba in uno sfondo di cielo aperto e luminoso. Poggiati ai piedi del santo sotto la panca ci sono un grande libro aperto con sopra scritta un’esortazione in parte cancellata, un mattone con sulla facciata la sigla-firma come quella in precedenza descritta e sopra un teschio a ricordare la caducità della vita terrena e l’ineluttabilità della morte. Ci sono poi quattro tondi, dei quali due piuttosto deteriorati, con l’allegoria delle virtù dell’Umiltà, della Carità, della Purezza e della Fortezza. La prima è rappresentata da una donna in atteggiamento dimesso, gli occhi bassi, le mani congiunte sul petto, coperta fino al capo da un ampia mantella marrone e avente tra i piedi scalzi un pavone. La seconda da una donna bella e prosperosa, cinta alla vita in uno svolazzante scialle rosso, le spalle e il petto scoperti, due bimbi in grembo attaccati alle mammelle e con in basso il pellicano simbolico che si appresta a dare da mangiare ai suoi tre piccoli. La terza da una donna che accarezza un liocorno. La quarta da una giovane protetta da corazza ed elmo, armata di lancia e con accanto quel che resta di un cane da guardia. Il ciclo delle decorazioni è completato nel presbiterio con al centro della cupoletta la colomba dello Spirito Santo e nei quattro pennacchi le figure dei quattro santi evangelisti [Matteo, Marco, Luca e Giovanni] con i loro simboli.