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VALORIZZARE L’ACQUA DELLA SILA

L’acqua è un bene inestimabile che noi silani stiamo prendendo sottogamba da buoni incoscienti. Anche perché questo bene in passato, come del resto anche oggigiorno, non ha visto concretizzare nulla, dal punto di vista economico, nel senso che nessun imprenditore si è fatto avanti per dare ad esso il giusto valore. Forse la siccità della scorsa stagione estiva ha messo in moto quel campanello di allarme che era tempo che suonasse alle orecchie degli amministratori locali. Insomma con tre fiumi che bagnano il nostro Comune: il Neto, l’Arvo e il Lese e decine di piccoli affluenti o semplici ruscelli, non dovremmo rischiare la sete. Ma questi importanti corsi d’acqua che lambiscono il nostro territorio sono fruibili dal punto di vista igienico-sanitario per far fronte alle esigenze della popolazione che continua ad avere sete d’acqua? Personalmente ho i mei dubi. Negli anni ’50 del secolo scorso ci si inginocchiava lungo la riva di un fiume e si prendeva l’acqua da bere nel cavo della mano, con la certezza che a monte non ci fossero stati buttati copertoni d’auto, elettrodomestici in disuso, buste di plastica o altre sporcizie varie. Oggi tentare di bere direttamente ad un ruscello è solo follia, che porterebbe direttamente nel reparto di malattie infettive del più vicino presidio ospedaliero. Vado spesso a consultare il saggio di Giuseppe Rogliano su le risorse idrologiche della Sila, pubblicato nel 1963 a cura dell’Opera per la Valorizzazione della Sila e con rabbia vado a constatare che solo sul nostro territorio il fiume Neto incamera 68 sorgenti, l’Arvo 34, il Garga 31, l’Ampollino 70, il Lese 39 e il Lenzano 14, per un totale di 273 sorgenti. Un patrimonio impensabile per un Comune diverso dal nostro. Per non parlare della grande rete idrica dell’Altopiano Silano che è certamente tra le più estese e ricche d’Italia. Allora cominciamo a tutelare questi benedetti corsi d’acqua, con una capillare opera di bonifica e con una adeguata segnaletica che vieti a chiunque di buttare “tutto e di più” nei fiumi. Poi si prendano in esame (se non a cura dei privati, almeno a cura dell’ente pubblico) quelle sorgenti d’acqua che potrebbero essere imbottigliate e messe in commercio (l’acqua della Montagna Grande (Colella), l’acqua di Cassandrella (Serra), l’acqua di Vallepiccola (Cribari), le cui pratiche di concessione giacciono alla Regione Calabria da tempi lontani e forse sorgerebbe in ognuno di noi la coscienza che l’acqua va tutelata se non vogliamo fare la fine delle popolazioni africane che attingono questo prezioso liquido nelle pozzanghere formate dopo le piogge. Abbiamo il coraggio di dire che anche Calabria Verde dovrebbe farsi carico di un discorso concreto e fattibile in questa direzione. Mentre le iniziative sull’imbottigliamento potrebbero creare concrete possibilità di lavoro per le generazioni attuali e future. Perché l’acqua è il petrolio del domani!

Saverio Basile