di Francesco Capocasale
Il Convegno svoltosi all’Unical: “Cattolici e Politica a 100 anni dalla fondazione del Partito Popolare Italiano”, è stato, oltre la rievocazione dell’appello ai Liberi e Forti del 1919, una interessante occasione di riflessione approfondita. Le relazioni svolte dagli autorevoli relatori Giuseppe Sangiorgi, mons. Graziani, Arcivescovo di Crotone, i professori Parisoli, Bova e Costabile hanno, infatti, analizzato il contesto storico nel quale fu costituito il PPI, riuscendo a dimostrare che il “popolarismo e il pensiero di Sturzo” sono ancora attuali, unitamente all’invito – anche questo attuale – che Sturzo proponeva per una Politica che “non sia arte senza pensiero”. In particolare, per come ricordato nel convegno, per quanto concerne il rapporto tra “mitezza, missione e passione politica” e la confluenza tra energia delle parrocchie e dell’associazionismo, per una nuova unità politica dei cattolici con una rinnovata identità in una “prospettiva solidaristica e popolare”. Il pensiero di Sturzo si fondava sul principio che “l’impegno socio -politico dei cattolici va sempre ricondotto alle finalità naturali della politica, ovvero la carità e il servizio”, indicazione, per come emerso dal convegno, da praticare ancora nella realtà odierna. Un partito quello fondato da Sturzo “nazionale e aconfessionale” pur ancorato alla dottrina della Rerum Novarum e costituito nella “fiducia e piena coesione spirituale dei cattolici italiani”. Il contesto di oggi è diverso rispetto a 100 anni addietro, anche se, per alcuni aspetti, quanto scriveva Sturzo, nel gennaio nel gennaio del 1922, poco prima dell’avvento del Fascismo, rimane, purtroppo, valido: “il Parlamento pur essendoci, funziona poco, spesso è mortificato con uomini politici se non assenti, quasi non ci sono, come i partiti, e lo Stato è sul punto della dissoluzione”. Sembra quasi la situazione odierna, Parlamentari che, per una legge elettorale se non dubbia alquanto anomala, sono quasi cooptati, con “primarie telematiche” gestite con tecniche impenetrabili, al riparo da occhi indiscreti e non “democraticamente verificabili” se non soltanto dalla Casaleggio. Certo, non si può ritornare al “proporzionale” elemento peculiare del PPI di Sturzo ma, obiettivamente qualche correttivo all’attuale legge elettorale andrebbe introdotto, per restituire al cittadino- elettore la possibilità di scegliere i parlamentari, evitando che gli eletti, come oggi avviene, ad iniziare dal Presidente Conte, vengano “designati”. In questo periodo, definito di “populismo dilagante e di democrazia declinante”, forse riprendere, adattandolo ai tempi attuali, l’appello ai “liberi e Forti” può essere utile per costruire un nuovo tracciato in direzione “solidaristica e popolare”. Alcune delle teorie di Sturzo sono ancora valide, come ad esempio la proposta avanzata nel congresso del PPI tenutosi a Napoli nel 1923, dove, nel discorso considerato dagli storici, a cominciare dal prof. Gabriele De Rosa, il punto più alto dell’analisi meridionalistica Asturiana, veniva sottolineato che occorreva “una politica forte e razionale orientata al bacino mediterraneo, atta a creare al Mezzogiorno un hinterland che va dal Nord Africa, all’Albania, alla Spagna, all’Asia per dare la spinta al Sud e creare maggiore sviluppo in una nuova politica economica mediterranea”. Anche nello studio del fenomeno mafioso, Don Sturzo fu incisivo nel prevedere quanto si verificò con la trasformazione della vecchia mafia del latifondo in mafia imprenditrice; poco prima di morire, nel 1958, in coincidenza della cd. “operazione Milazzo “avvenuta alla Regione Siciliana scrisse: “povera Sicilia e povera Italia, ora la mafia diventerà più crudele e risalirà l’intera penisola e forse andrà oltre le Alpi “.Una previsione che, purtroppo, si è avverata e che, riprendendo il pensiero Sturziano, richiede, da parte dello Stato, una capacità di coinvolgimento democratico per combattere la mafia non solo con una presenza sempre più puntuale delle istituzioni preposte ma anche con iniziative culturali e sociali sempre maggiori dell’ associazionismo civile presente nel nostro paese. Occorre, per i cattolici di oggi, riprendere quanto scritto dal sen. prof. Gabriele De Rosa: “spero che i cattolici riprendano coraggio, cercando di essere sempre se stessi, affrontando le difficoltà che la vita impone, nella convinzione che la missione del cattolico, in ogni campo dell’attività umana: politica, sociale, culturale ed economica, deve essere impregnata di ideali superiori”. L’obiettivo fondamentale da perseguire, ripensando all’esperienza Sturziana, deve essere quello di contribuire, come cattolici: “alla Buona Politica per il Bene Comune”. Sturzo e il PPI avevano nel programma del gennaio 1919, cento anni prima dei Governatori Azia e Fontana e del ministro Salvinia , il Regionalismo e il decentramento amministrativo insieme alla promozione delle autonomie locali , valori considerati in termini di democratica partecipazione, l’unico vincolo di questa visione politica, allora come oggi sempre valida, era ed è rappresentato dal principio della solidarietà e dell’unità nazionale da salvaguardare, contrastando il semplice e sterile antagonismo territoriale tra Regioni più forti e Regioni più deboli. La rinascita complessiva del nostro paese ,sia sul piano politico,che sociale ed economico, dal Nord al Sud, potrà avvenire solo nel segno del Federalismo solidale e sussidiario e di un Regionalismo anche “differenziato “ ma attento alle ragioni ed emergenze dei territori più in difficoltà ,non solo per reggere il “passo nazionale ed europeo”, ma per applicare, come “Sistema- Paese” – adeguati e costanti processi di sviluppo capaci di incidere realmente, oltre il reddito di cittadinanza, sul miglioramento complessivo della qualità della vita .