articolo di Francesco Capocasale
In una delle pagine, forse, più belle dell’ultimo libro dell’antropologo Ernesto De Martino, scomparso nel 1965, allievo di Croce, e profondo conoscitore del Mezzogiorno e di tutti Mezzogiorni del mondo, é scritto: “Il problema centrale del mondo di oggi appare dunque la fondazione di un nuovo ethos culturale non più adeguato al «campanile», ma all’ intero pianeta terra che ormai gli astronauti contemplano dalle solitudini cosmiche e che sta di fatto diventando, per quanto attraverso contraddizioni e resistenze, la nostra patria culturale fondamentalmente unitaria, con tutta la ricchezza delle sue memorie e delle sue prospettive. Nella misura in cui questo nuovo ethos si renderà realmente operante e unificante, raccogliendo in una consapevole ecumenicità di valori comuni la originaria dispersione e divisione delle genti e delle culture, il mondo che «non deve» finire uscirà vittorioso dalla ricorrente tentazione del mondo che «può» finire, e la fine di «un mondo» non significherà la fine «del mondo» ma, semplicemente, «il mondo di domani» Sono parole e riflessioni di estrema attualità per l’emergenza vissuta e, probabilmente, intorno a queste tematiche e principi dovrà essere ricostruito e rimudellato il nostro vivere civile, per mezzo di nuovi rapporti sociali, politici ed economici che i Governi nazionali direttamente e in sintonia tra loro – come ad esempio – dovrà accadere in Europa, dovranno progettare nel prossimo futuro dopo il coronavirus.
Si tratta, infatti, di ritrovare, oltre il traguardo di un più gusto e solidale equilibrio tra le nazioni, le persone e i gruppi sociali, anche l’itinerario da percorrere nella consapevolezza che la drammatica vicenda vissuta ed ancora in corso e dagli esiti, purtroppo, non ancora prevedibili, ci obbliga a ritenere che é essenziale, prima della meta individuare la strada maestra per giungere ad “approdi sicuri e tranquilli” sul piano della ricerca di un nuovo e più equo ordine socio / economico in grado di dare risposte concrete alle nostre comunità seriamente provate da una problematica drammatica come quella del Covid 19. L’Europa tutta, l’Italia si confrontano sulle misure da adottare: Eurobond, Mes, Sure, Recovery Fud, Bei, occorre, accanto a questi strumenti, essere consapevoli che la “via per uscire dalla crisi, risiede, - per come è stato scritto, – non nel negare ed escludere, ma nel comporre e nel risolvere, attraverso la solidarietà” con una “ritrovata ragionevolezza comunitaria” unica regolatrice della tecnica finanziaria e dell’economia”. È necessario, infatti, per la tragica vicenda vissuta, e nell’auspicio di un definitivo superamento, che prevalga la “logica dell’essere rispetto alla logica del dare”, come segno di solidarietà e di “riconciliazione tra singolare e plurale, tra nazionale e comunitario per una nuova e più etica convivenza umana” Dopo il Covid 19 questa è la vera sfida per le Nazioni e per i Governi, per credere in un futuro migliore, superando le vecchie strategie finora adottate in sede Europea e che hanno dimostrato la loro limitatezza per governare un fenomeno che è andato ben oltre i confini sanitari investendo in pieno la tenuta dei nostri sistemi socio-economici. Il flagello del covid-19 che ad oggi, purtroppo, non ha ancora trovato, nel campo scientifico un rimedio sicuro, occorre limitarlo, se non debellarlo, sul piano delle conseguenze socio-economiche provocate, solo attraverso una nuova sensibilità politica che punti a ridisegnare una nuova e più giusta condizione umana in termini sempre più “globali” per l’intera comunità mondiale. Questo é l’obiettivo da perseguire con determinata urgenza, anche perché come scriveva T. Eliot “non c’è che da tentare, il resto non ci riguarda”, in quanto, tra l’altro, non ci aiuta a superare una situazione di eccezionale gravità sotto i diversi aspetti che riguardano la vita e che non concederà ulteriori attese magari passive o semplicemente tattiche. La “nuova tensione ideale” che pare, sia pure lentamente, stia emergendo in Europa, è la via maestra per avviare un faticoso ma rinnovato processo di crescita nella vera, autentica solidarietà e con il parametro che chi “più ha, più deve dare”, principio che vale e dovrà valere tra i Singoli e tra le Nazioni, soprattutto nel nostro contesto europeo. Solo in questa prospettiva, all’insegna della logica sottolineata recentemente dal prof. Stefano Zamagni: “non può esserci ripartenza senza solidarietà”, si potranno, inoltre, ricostruire, oltre le “prove tecniche di Ingegneria Finanziaria”, le ragioni più semplici ma più concrete della “Patria Europea” che, superando le grette e burocratiche visioni finora, purtroppo, prevalenti, sappia indicare nuovi e sempre più coinvolgenti processi di ripresa socio/economica. Forse, in definitiva, nella ricorrenza e celebrazione del Primo Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori, tanto rappresenta, accanto alla speranza di una non effimera rinascita, anche il necessario e fondamentale punto di “ripartenza” per noi Italiani e per il resto dell’Europa, per rivivere, insieme, dopo la crisi del Covid 19,una nuova più essenziale condizione umana per la Persona, le Comunità e i Popoli, passando così dalla -“krisis al kairòs”- da un “tempo precario e drammatico ad un tempo di speranza”, ad un avvenire migliore, per come ha detto Papa Francesco, “senza se e con più si e convertendoci dall’ Io a Dio”, in una visione sempre più solidaristica e comunitaria.