«Il giornalista è lo storico dell’istante», così affermava il filosofo, giornalista e drammaturgo francese Albert Camus. L’articolista, dunque, è chiamato a narrare la realtà dei fatti così come essa si presenta, senza curarsi di abbellirla e senza dimenticare di dar voce al proprio senso critico. E proprio come Camus, anche il cronista deve essere in grado di cogliere gli aspetti essenziali del mondo a lui contemporaneo per poterlo trasmettere ai lettori, in modo da non far prevalere l’omertà o il revisionismo storico molto cari a fin troppi soggetti. Il “Quarto potere”, come sappiamo, è in grado non solo di mostrare ai cittadini la realtà dei fatti, ma anche di influenzare l’opinione pubblica, ed è proprio per questo che gli addetti ai lavori sono chiamati a operare nel proprio campo con il massimo della dedizione e della coscienza.
Con la voglia di narrare a tutto tondo le vicende contemporanee e non, in un territorio troppo spesso isolato sia geograficamente che politicamente, in questa intervista ci narra di sé e del suo lavoro Saverio Basile, direttore de Il nuovo Corriere della Sila, mensile che da più di due decenni racconta fatti e avvenimenti di San Giovanni in Fiore, il più popolato paese d’Italia tra quelli posti oltre i 1.000 metri s.l.m., inserito nella cornice della Sila, l’area montana per eccellenza in Calabria.
In questa lunga chiacchierata abbiamo potuto scoprire come si rapporta un addetto stampa con la propria realtà di provincia, messa sempre più in ginocchio dalla mancanza di lavoro, dai problemi politici, dalla perdita di speranze per un futuro migliore, ma anche, e soprattutto, attraversato da una grandissima voglia di riscatto sociale ed economico.
Chi è Saverio Basile, direttore de Il nuovo Corriere della Sila?
Sono un “giovane” di ottant’anni e passa, che ha la passione per il giornalismo e per il proprio paese. Il primo articolo l’ho scritto il 24 gennaio 1954 sul Corriere dei Piccoli per far conoscere ai miei coetanei di tutt’Italia la bellezza dell’Abbazia Florense. Da quel giorno non ho più smesso di scrivere: ho scritto per Il Giornale d’Italia, Il Quotidiano (organo della Cei), Battaglia Calabra, Gazzetta del Sud, Il Giornale di Calabria, La Gazzetta del Mezzogiorno, ma soprattutto per la Rai, che leggeva un giorno sì e l’altro pure miei pezzi sul folclore e sugli avvenimenti di San Giovanni in Fiore e della Sila.
Intanto il 2 giugno 1961 ho pubblicato per la prima volta Il Corriere della Sila che esce saltuariamente per sei anni. Poi ho dato vita a un’agenzia di stampa Calabria Notizie e dirigo Cronache Calabresi, il mensile fondato da Antonio Guarasci. Infine fondo la prima radio libera di San Giovanni in Fiore, SGF 103 e qualche anno dopo Sila TV che dirigo per nove anni con un telegiornale nel quale transita l’intero popolo di San Giovanni in Fiore con le sue problematiche, ma anche con le sue curiosità e le sue conquiste.
Il nuovo Corriere della Sila, compie ventitré anni. Com’era e com’è cambiato da allora il mondo del giornalismo di provincia?
In questo settore sono stati fatti passi da giganti. Nel mio paese fino a tutti gli anni Settanta non c’era una tipografia, per cui andare e venire da Cosenza era come partire. A portarci il giornale finito erano i taxi che viaggiavano tutti i giorni. Fino a quando un pacco fu messo sul portabagagli e ci è stato consegnato inzuppato d’acqua per via di un temporale incontrato in Sila. Da quel giorno pagammo un posto a sedere, possibilmente accanto all’autista. Oggi è tutto più facile: licenzio alle stampe da 269 mesi, dodici pagine fitte di testo, ma ricche di fotografie (non meno di quaranta a numero) e due pagine a colori.
I colleghi di oggi sono molto più approssimativi rispetto a quelli del passato. Hanno troppa fretta di pubblicare e l’approfondimento lascia a desiderare. Tuttavia i tempi mutano e anche i lettori si adeguano.
Qual è il compito di un direttore di giornale all’interno della propria redazione e quanto può influire la sua personalità all’interno di quest’ultima?
Penso che in molti mi ritengano un “dittatore”, perché taglio e cucio molti articoli. Io vengo dall’esperienza radiofonica dove la prima volta che andai al cospetto del dottor Alfredo Caputo, che dirigeva Il Gazzettino della Calabria in onda ogni giorno dalla sede Rai di Cosenza: mi sottolineò che una notizia può essere completa se comprende soggetto, predicato e complemento. I “pistolotti” non li legge più nessuno. Quindi bisogna adeguarsi a scrivere sinteticamente. E questo non tutti i collaboratori lo accettano.
Qual è il compito di un giornalista all’interno di una realtà provinciale, dove spesso il malcontento e la rabbia per la mancanza di prospettive la fanno da padrone?
Mettersi dalla parte dei cittadini che hanno sempre ragione, specie se si tratta di discutere di lavoro, di ambiente, di sanità, di scuole e di trasporti. Ma nello stesso tempo essere obiettivi perché, se si vuole l’impossibile non se ne può abbracciare a occhi chiusi la causa.
Con quali intenzioni è nato Il nuovo Corriere della Sila e quali sono quelle attuali, qualora fossero cambiate?
Lo scopo principale del nostro giornale è quello di fare da ponte ideale tra quanti hanno lasciato giocoforza il paese per cercare altrove un lavoro o una sistemazione migliore, perché vogliamo tenerli legati alle loro origini, al dialetto, alle tradizioni. Perché speriamo sempre che un giorno possano tutti far ritorno alla patria avita. Nel frattempo, però, bisogna evidenziare e fare da cassa di risonanza dei mille problemi che affliggono la nostra Calabria e la sua gente.
Quali sono le problematiche sociali ed economiche per un mensile che ha il coraggio di narrare e affrontare le difficoltà del proprio territorio di appartenenza?
Ritengo che dal punto di vista sociale il discorso vada affrontato insieme a chi governa, ma anche a chi fa scuola. Perché oggigiorno si legge poco e tutti sono convinti che Internet sia l’unica fonte del sapere. Io provo spesso a spiegare ai giovani che la “rete” è indubbiamente importante, ma non si può far carico dei problemi di una piccola comunità o di un territorio delimitato. Perciò leggere è importante, soprattutto leggere e capire anche la piccola stampa che aiuta a risolvere i problemi delle nostre comunità.
Poi i problemi economici per un periodico locale ci sono eccome. Basta però pensare che con due euro al mese si potrebbero acquistare tutti i mesi i due giornali locali che si pubblicano a San Giovanni in Fiore. Per quanto ci riguarda a far sopravvivere con dignità Il Corriere sono soprattutto quelli che stanno fuori, perché hanno tanta nostalgia del paese e ci seguono in modo appassionato.
È mai capitato a lei o alla sua redazione di essere biasimati per il proprio pensiero critico? Se sì, come avete affrontato la situazione?
Quando non si condividono gli articoli il biasimo è facile. Tanti politici che in passato ci hanno criticato pubblicamente, quando hanno smesso di vestire quei panni, sono diventati nostri collaboratori, a dimostrazione che le nostre prese di posizione non erano ideologiche, bensì legate alle mancate realizzazioni di quanto era stato promesso in campagna elettorale e non mantenuto. Una prova anche questa che il nostro giornale è aperto a tutti i contributi costruttivi.
La prima edizione del mensile ha visto la luce nel 1961 per poi riaprire i battenti nel 1997. Cosa è cambiato da allora all’interno del territorio silano?
Dire che tante cose non siano cambiate vanificherebbe anche la nostra azione di stimolo. Per certe altre, invece, basterebbe riproporre di sana pianta gli stessi articoli da noi pubblicati dieci o quindici anni fa. In Calabria, i tempi per la realizzazione di opere pubbliche sono biblici. Se solo penso all’ospedale cinese costruito in dodici giorni, mi viene da pensare che siamo distanti anni luce da certe realtà.
Quanto può essere importante l’occhio vigile del giornalismo per la crescita culturale di un paese di provincia sempre più propenso allo spopolamento?
Credo che un giornale come il nostro abbia un ruolo ben preciso che non è solo quello di raccontare la storia del paese nel quale si pubblica, ma fa da stimolo per quelle tante cose che servono alla sua crescita e di conseguenza diventa un riferimento. Anche perché ci si avvale, di volta in volta, del contributo di esperti e tecnici in grado di dare consigli e suggerimenti per una crescita reale del paese.
Quali sono le motivazioni che spingono lei e il suo team a continuare a svolgere questo lavoro?
Qualche anno fa ho provato a fare un censimento dei lettori che raccolgono e rilegano a fine anno il nostro giornale e ne ho contati 117, che ritengono il nostro mensile un’opera da conservare nella loro biblioteca. Basta solo questo per appagarci del nostro lavoro e farci continuare a svolgere questo ruolo che riteniamo importante per la crescita della nostra comunità.
Cosa serve, secondo lei, alla sua comunità per poter crescere, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale?
Fermare l’esodo dei giovani di oggi che emigrano altrove, per motivi di lavoro, non più con la valigia di cartone, ma con una laurea e magari un master, il trolley e il Pc a tracolla.
Cosa consiglierebbe ai giovani della sua comunità per affrontare al meglio la vita all’interno di un territorio così complesso e dalle mille sfaccettature?
Accantonare l’individualismo, tipico della nostra gente, e cercare nell’associazionismo la strada da percorrere per individuare sinergie nel settore del turismo, dell’agroalimentare, della zootecnia e nei prodotti da nicchia, mettendo al servizio le rispettive conoscenza acquisite non solo sui libri, ma anche per le esperienze acquisite fuori.
Qual è, secondo lei, il compito del giornalista?
Stimolare, seguire, additare tutte quelle eccellenze, che man mano emergono nel territorio.
Per ulteriori informazioni riguardo questa realtà giornalistica, vi invitiamo a fare un salto in edicola ogni 4 del mese per poter acquistarne una copia o, in alternativa, a visitare sul loro sito (www.ilnuovocorrieredellasila.it) dove potrete trovare i loro contatti.
Rosita Mazzei
Intervista rilasciata a “direfarescrivere”, anno XVI, n. 171, aprile 2020) |