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COTTICELLI COSTRETTO A DIMETTERSI DA COMMISSARIO AD ACTA DELLA SANITA’ CALABRESE

Da oggi il generale Saverio Cotticelli non è più commissario ad acta della Sanità in Calabria. Si è dimesso, qualche ora prima che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che lo aveva nominato a dicembre 2018 su segnalazione dell’allora ministro della Sanita Giulia Grillo, ne avesse già disposto la sostituzione. Tutto è accaduto in fretta, dopo la trasmissione “Titolo Quinto” in onda su Rai3, ieri venerdì 6 novembre, il cui intervistatore gli aveva fatto notare che il Piano anti Covid predisposto dalle diverse regioni, per quanto riguarda la Calabria, competeva a lui e non all’Ente Regione. E il generale dei carabinieri, ormai in pensione, non si era letta la disposizione pervenuta al suo ufficio in risposta ad un quesito da lui stesso formulato. Una vicenda alquanto grottesca degna dei più comici film di Totò e De Filippo, se non fosse diventata nel frattempo un caso tragico perché la Regione Calabria, per la mancanza di un Piano che avrebbe dovuto predisporre adeguate misure per contenere il più possibile la diffusione del coronavirus, fornendo alle strutture ospedaliere più medici, più infermieri e più posti di terapia intensiva nelle strutture di pertinenza regionale, ha finito col pagare caro questa mancanza. Proprio la scarsa dotazione è finita infatti per essere uno degli elementi che ha portato alla decisione di inserire la Calabria fra le “zone rosse” d’Italia, non tanto per il numero dei soggetti positivi, quanto per la mancanza di strutture e servizi adeguati a combattere un “mostro” che comincia seriamente a far paura al mondo intero. Su questa triste vicenda le colpe sono varie. Intanto è inconcepibile che il commissariamento della sanità calabrese predisposta dal Governo Centrale possa avere una durata di circa undici anni (commissari: Scopelliti, Scura e Cotticelli, costati all’Erario non poco!). I commissari per natura hanno durata breve. In Calabria durano, invece, un’eternità. E questa è la prova che i politici calabresi a Roma contano poco.