«Dopo qualche decennio di attesa, oggi salutiamo un buon risultato. Finalmente partirà la fase sperimentale degli invasi della diga “Redisole”. Una volta a regime, questa infrastruttura servirà circa mille ettari di terreno, che potrà essere destinato ad alcune colture importanti come la patata Igp della Sila». È quanto ha affermato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo, nel corso della conferenza stampa sull’avvio degli invasi sperimentali della diga “Redisole” di San Giovanni in Fiore. All’incontro – che si è svolto nella Cittadella di Catanzaro – ha preso parte anche il presidente della Giunta, Nino Spirlì. Sono intervenuti il presidente del Consorzio di bonifica bacini meridionali del Cosentino, Salvatore Gargiulo, il presidente e il direttore di Coldiretti Calabria, Franco Aceto e Francesco Cosentini, e il presidente Anbi Calabria, Rocco Leonetti. «In queste aree si creeranno anche nuovi posti di lavoro. Perché – ha specificato Gallo – l’acqua è vita, è agricoltura avanzata, significa lavoro ed economia. Salutiamo perciò con grande soddisfazione il lavoro fin qui svolto dal Consorzio di bonifica bacini meridionali del Cosentino, frutto di una forte sinergia e collaborazione positiva con Regione Calabria, Anci, Coldiretti e altre associazioni di categoria». «Bene che nasca una diga e che sia di conforto all’agricoltura. Da questa ricchezza – ha detto Spirlì – ne possono nascere tante altre. Il Consorzio è uno strumento importantissimo e anche stavolta ha funzionato. Andiamo avanti su questa strada: se riusciamo a creare una rete utile, nessuno ci potrà mai più considerare inutili. Questa è la Calabria che ci piace e che merita di essere rappresentata». «Con questa diga – ha affermato Gargiulo – restituiamo finalmente l’acqua agli agricoltori calabresi. Oggi diamo inizio a questo nuovo cammino che, in un anno, dovrà entrare a pieno regime». Per Aceto, «la diga rappresenta anche un benessere sociale perché garantirà la creazione di 500 nuovi posti di lavoro». Sottolineata con forza, inoltre, la necessità di sburocratizzare le procedure. «Non è possibile – ha evidenziato Leonetti – che un’opera realizzata in 14 anni vada in funzione dopo 40».