Delle due croci passioniste che si trovano in paese questo giornale ha già scritto in passato, ma è giuso parlarne ancora nell’anno del loro centenario, anche se forse si ripetono cose già dette. Le due croci sono stati i primi “monumenti pubblici” del paese, precedute solo dal cippo eretto alla Stràgola nel 1909 a ricordo della tragica spedizione dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e loro compagni, che si trova, però, fuori e lontano dall’abitato cittadino. Furono inalzate il 31 marzo 1912 al termine di una “Missione di evangelizzazione” dei Chierici Scalzi della Santissima Croce e Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, più comunemente noti come padri Passionisti. Dell’avvenimento abbiamo una testimonianza scritta del coordinatore padre Bernardino, che insieme ai confratelli Idelfonso e Valentino tenne la Missione. La nota, redatta per tenere informati del loro operato i superiori è conservata nell’archivio della Curia passionista della Provincia meridionale del Santo Costato di Gesù a Manduria. Scrive padre Bernardino: ” I medesimi Padri Passionisti sopraindicati, con il medesimo fratello assistente, due giorni dopo il ritorno da Mendicino, ripartivano per recarsi a San Giovanni in Fiore per la via di Crotone, ed ivi il 17 marzo fu dato principio alla Santa Missione che durò fino al 31 marzo”. Aggiunge poi: “In questo Paese che enumera ben 20.000 abitanti, fin dal primo giorno i confessionali furono sempre gremiti di penitenti e quantunque i Parroci e i Sacerdoti di quel luogo si prestarono per aiuto dei Missionari, in quanto ad ascoltare confessioni, pure riusciva difficile il confessare a tutti. “A metà della Mission” si tenne “una processione di penitenza”, alla quale partecipò una strabocchevole folla di fedeli, ma che ebbe uno spiacevole strascico. A tarda sera un gruppetto di provocatori ubriachi inscenò nei pressi della Piazza una specie di parolia delle “laudi sacre” cantate nel corso della processione, suscitando la rabbia e la protesta dei fedeli e comuni cittadini. La sera del giorno dopo i colpevoli rischiarono di finire linciati dalla popolazione, che minacciò di dare alle fiamme le loro case. Il resoconto della cronaca riporta pure che durante la Missione vi furono “due numerosissime Comunioni generali una per gli uomini e l’altra per le donne”. Il 31 marzo, al termine di una “imponentissima processione”, furono benedette le “due croci di ferro” che erano state in precedenza realizzate per essere collocate “alle due estremità del Paese”, una alla Costa, accanto alla Chiesa del Carmine, che era stata aperta da qualche anno, e l’altra sul colle della Difesa, che allora era completamente privo di abitazione e con poca alberatura. Costituite da assi di ferro con i simboli della Passione di Cristo (lancia e asta con la spugna) su solidi basamenti di granito silano, le croci hanno resistito bene un secolo, malgrado in più occasioni si sia mancato nei loro confronti di rispetto e di scarsa attenzione. Ma sono evidenti i segni dell’inclemenza del tempo e dell’incuria degli uomini. Sui quattro lati delle strutture di base tavolette di marmo rettangolari o mistilinee portono incise iscrizioni che, oltre a ricordare la data dell’avvenimento ( A ricordo delle Missioni Passioniste 31 marzo 1912) e ad informare che quella della Costa fu realizzata “a cura di Antonio Soda e a devozione del popolo“ su “disegno di Francesco Sellaro“, riportano anche una serie di esortazioni alla preghiera e a saper vivere con umiltà e coraggio la propria fede (Fedeltà in Dio, Ama e spera, Soffri e taci, Soffra con la rassegnazione). Le due croci abbisognerebbero di un’operazione di restyling con la pulitura e la riverniciatura degli elementi di ferro e il restauro di alcune parti delle strutture di granito in parte rovinate. Per quella della Costa sarebbe poi necessaria una sua recinzione a protezione e per quella della Difesa, da tempo negletta e quasi nascosta, sarebbe opportuno darle una più degna e adeguata collocazione nel corso dell’esecuzione del progetto che l’Amministrazione comunale ha predisposto per la sistemazione dell’area intorno al cosiddetto ospedaletto, soggetta l’inverno di un trentennio fa a movimenti franosi per un violento nubifragio abbattutosi sul paese.
Giovanni Greco