VELTRI, UNO DEI MAGGIORI ESPERTI MONDIALI DI EBRAISMO

di Nicola Cosentino

La cultura ebraica come prima, insospettabile pietra di una piramide di tradizioni, le nostre. I ricordi di una Calabria che, spesso, sa risalire solo a se stessa. Qual è la connessione? Che rapporto c’è tra l’immagine dei nostri riti (antichi, popolari per antonomasia) e quella della comunità ebraica, pellegrina della storia? E, soprattutto, ci sono stati degli ebrei in Calabria? Che segno hanno lasciato? Chi erano, dove vivevano? Erano “importanti”? Perché nessuno se li ricorda? Da poco esiste un libro che risponde a tutte queste domande, ed è destinato a ricevere la reverenza che si riserva alle opere definitive (che, per fortuna, definitive non sono mai) ed ai loro autori, quelli bravi, che sono riusciti a fare ordine. Il volume si chiama “The Jewis in Calabria”. Il suo autore, Cesare Colafemmina, celebre storico dell’ebraismo, considerato tra i massimi esponenti degli studi ebraici per il meridione d’Italia, è scomparso lo scorso settembre. L’Università della Calabria, presso la quale Colafemmina ha insegnato Letteratura Ebraica per gran parte dell’ultimo decennio, ha reso omaggio al suo lavoro intorno alla comunità ebraica con un incontro che si è tenuto nella Sala Riunioni del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, alla presenza di studenti e professori. Evento autonomo (e non stranamente) rispetto al calendario ufficiale dell’Università per le commemorazioni in onore delle vittime del nazismo e dell’Olocausto, la presentazione del volume di Colafemmina edito da Brill (casa editrice olandese tra le più antiche ed eminenti, al mondo, in ambito storico culturale), è stata promossa nel quadro delle attività del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Pietro Fantozzi, e della Scuola di dottorato “A. G. Frank”, diretta dal prof. Alberto Ventura che, insieme alla professoressa Antonella Salomoni, ha fortemente voluto e reso possibile l’incontro. Ospite d’onore, Giuseppe Veltri (nella foto), originario di S. Giovanni in Fiore e da tempo residente in Germania, dove è professore ordinario di Studi Ebraici all’università di Halle-Wittenberg e direttore del Leopold-Zunz-Zentrums di Halle. Giuseppe Veltri, esperto di filosofia, misticismo e folklore ebraici è considerato uno dei più importanti ebraisti d’Europa. Nei riferimenti al linguaggio, alla toponomastica e all’eredità storica e antropologica degli ebrei in Calabria, più volte ha fatto riferimento alle sue origini silane, alla sua famiglia di San Giovanni in Fiore, cuore antico della Calabria. Insieme a lui, nel dibattito e nella presentazione del volume, sono intervenuti Valerio Marchetti, professore ordinario di Storia Moderna e Storia dell’Ebraismo presso l’Università di Bologna, e Guido Bartolucci, docente di Storia Comparata delle Religioni e Secolarizzazioni presso l’Università della Calabria. Dopo i saluti di Fantozzi e Ventura, Marchetti ha introdotto l’opera con un focus dettagliato sulle tre dimensioni del passaggio degli ebrei in Calabria: dove sono stati, dove sono andati, che impronta hanno lasciato. “Basta fare l’esempio, lampante, della ‘pitta’. Si chiama così, come in Calabria, anche in greco, in ebraico, in turco, in armeno. Ma insistere con la ricerca delle origini, ci allontana un po’ dal significato. E’, e rimane, una forma di pane vuota all’interno che ognuno riempie come vuole. Questo è il bello del mediterraneo”. Per il resto, si è capito che nessuno si ricorda dell’ebraismo in Calabria anche per la sua (prevedibilmente) scarsa influenza nel settore commerciale. Bartolucci ha analizzato i documenti posti in analisi dal volume di Colafemmina, scegliendo la Catanzaro del tardo ‘400 come esempio della comunità ebraica con il Regno e la società: dalle tasse, ai privilegi (nettamente superiori, in numero, a svantaggi e discriminazioni), al processo per la libertà di culto. Sul finale, il prof. Veltri ha virato verso un’amabile distruzione dei luoghi comuni che hanno accompagnato l’immagine dell’ebreo nella Storia: “Gli ebrei sono condannati dai cliché. Ci si ricorda che esistono soltanto in relazione alla Shoah, alla Kabbalah ed all’economia miracolosa. Ora, se si prendono in considerazione soltanto questi tre elementi, – ha detto – ci si può scordare di parlare di ebrei in Calabria. Perché la Shoah non ha mietuto, fortunatamente, vittime; perché la Kabbalah, a parte un caso più unico che raro, era pressoché sconosciuta; e perché il loro fiuto per l’economia, qui, non ha mai potuto attecchire”.

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