SAN BONAVENTURA E GIOACCHINO DA FIORE NEGLI STUDI DI JOSEPH RATZINGER

Venerdì 10 maggio 2013, alle ore 17.00, nella Sala convegni del Polifunzionale di San Giovanni in Fiore,  si è svolto il venticinquesimo seminario della Scuola di formazione gioachimita organizzata dal Centro internazionale di studi gioachimiti per promuovere la diffusione della  conoscenza di Gioacchino da Fiore e del gioachimismo. Il prof. Alessandro Ghisalberti – docente di Filosofia teoretica all’Università cattolica di Milano e il prof. Giuseppe Riccardo Succurro – presidente del Centro studi e direttore della Scuola –  hanno trattato il tema “San Bonaventura e Gioacchino da Fiore negli studi di Joseph Ratzinger”. Nella sua tesi per l’abilitazione alla libera docenza nella Facoltà di teologia di Monaco di Baviera nel 1957, Joseph Ratzinger, ha dedicato un’indagine approfondita al confronto tra la concezione della teologia della storia di Bonaventura e quella di Gioacchino da Fiore. Il lavoro, pubblicato  nel 1959, venne tradotto in italiano prima nel 1991,  poi riedito nel 2008 dalla Casa editrice Porziuncola di Assisi, con il titolo: “Joseph Ratzinger, San Bonaventura. La teologia della storia”.

Lungo il testo viene studiato l’influsso di Gioacchino su Bonaventura, confrontando la coscienza storica dei due autori, ricerca che è stata fatta per la prima volta, da parte di uno studioso cattolico, con metodo scientifico e scevro da pregiudizi.

Nella lezione di venerdì 10 maggio, il prof. Riccardo Succurro ha presentato i capisaldi della lettura ratzingeriana dell’influenza di Gioacchino da Fiore su Bonaventura e si è soffermato sugli interventi di Ratzinger sull’argomento: anzitutto quanto egli scrive nell’Autobiografia del 1997 (J. Ratzinger,La mia vita. Autobiografia, edizione San Paolo, Cinisello Balsamo 1997), e poi nella Prefazione all’edizione completa della sua tesi preparata per l’abilitazione,  prefazione scritta da Papa nel 2009, per il primo volume dell’ Opera omnia (in tedesco).

Il prof. Ghisalberti ha sottolineato come la teologia della storia di Gioacchino da Fiore sia stata recepita, con modifiche, da San Bonaventura, ma accogliendo il centrale passaggio a Cristo “centro o medio dei tempi”, e non solo “fine dei tempi”, come era stato presentato durante tutto il primo millennio cristiano. In secondo, ma altrettanto importante luogo, si è visto come Bonaventura è sintonizzato con Gioacchino nell’intendere la rivelazione “non più semplicemente come la comunicazione di alcune verità alla ragione, ma come l’agire storico di Dio, in cui la verità si svela gradatamente”.

È questa l’idea rinnovata di rivelazione che Ratzinger avrebbe veicolato, nominato teologo esperto al Concilio Vaticano II, nei documenti conciliari sulla divina Rivelazione. E del Papa emerito di oggi coglieremo l’elevatezza della sua mente di teologo, oltre che tutta la passione per lo scavo nelle dinamiche della vita dello Spirito, con il quale adesso Ratzinger è in perenne colloquio, lontano dagli sguardi degli uomini, perché a Dio si addice l’eloquenza del Silenzio.

La cornice dell’incontro florense, seguita da un attento e coinvolto uditorio, è stata quella di una appassionante ricostruzione della vitalità del pensiero di Gioacchino nella teologia del medioevo ed altresì in quella contemporanea, mirabilmente preconizzata dalla collocazione dell’Abate di Fiore fatta da Dante nel Paradiso, dove affida proprio a Bonaventura la presentazione della sua eccellenza profetica:

… e lucemi da lato,

il calavrese abate Giovacchino,

di spirito profetico dotato” (Paradiso, XII, 139-141).

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