GIOACCHINO DA FIORE NEL PENSIERO DI GIUSEPPE MAZZINI

di Giuseppe Riccardo Succurro

Il Centro internazionale di studi gioachimiti sta svolgendo, anche in collaborazione con prestigiose Università e Istituzioni culturali italiane e straniere, un’intensa attività scientifica, divulgativa, didattica e seminariale sul pensiero e sull’opera di Gioacchino da Fiore. Il Centro Studi ha scandagliato l’eredità di Gioacchino da Fiore nei secoli, ne ha ricostruito la posterità spirituale ed analizzato l’influenza sulla storia del pensiero occidentale. Questa fervida attività è arricchita da molte pubblicazioni in italiano, latino, inglese, francese e tedesco. Come contributo alle celebrazioni del 150°anniversario dell’Unità d’Italia, il Centro ha pubblicato l’opera di Fulvio De Giorgi, Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo”. Questo interessante volume è stato presentato a Roma, nella Sala della Mercede di Palazzo Marini della Camera dei Deputati. “Coniugando storia culturale e storia dell’educazione, storia politica e storia religiosa, questo studio ricostruisce la sottile e articolata trama del millenarismo rivoluzionario italiano nelle sue diverse voci, senza trascurare le opposizioni anti-millenaristiche. La fortuna dell’abate di “spirito profetico dotato” conobbe una nuova fase nella storia culturale italiana, dall’Ottocento alla prima metà del Novecento. In tale contesto il “gioachimismo” assunse, infatti, spesso le forme di un millenarismo rivoluzionario (tipico il caso di Mazzini e del mazzinianesimo), con una forte dimensione educativa; la profezia medievale di una Terza Età dello Spirito divenne così l’annunzio della rivoluzione: dell’avvento della Terza Roma, la Roma del popolo. Prese forma, allora, una pedagogia politica e civile, che animò ideali militanti e azioni rivoluzionarie e che, distendendosi a partire dal Risorgimento, superando le difficoltà post-unitarie, rilanciandosi all’alba del secolo XX, ebbe poi esiti opposti tanto nel fascismo quanto nell’antifascismo”. Un’analisi della presenza del mito di Gioacchino e del gioachimismo nella cultura civile ed etico-politica italiana, dal Risorgimento alla prima metà del Novecento, trova i suoi luoghi di elezione nei due fuochi culturali attorno ai quali hanno ruotato i diversi discorsi nazionalitari e rispetto ai quali si sono venute costruendo e rinsaldando l’identità nazionale contemporanea italiana e la stessa volontà politica che ha sorretto il moto risorgimentale. L’autore del volume si riferisce alla coscienza storica e dunque alla storiografia, da una parte, e alla lingua letteraria e -in particolare – al mito di Dante, dall’altra. Fulvio De Giorgi analizza l’attenzione verso Gioacchino da Fiore nella storiografia ottocentesca italiana ed approfondisce il filone culturale che prende l’avvio dagli studi danteschi di Ugo Foscolo e si sviluppa nel pensiero di Mazzini. Ugo Foscolo, dopo aver pubblicato il suo Discorso sul testo della Divina Commedia, scrisse una lunga postilla su Gioacchino da Fiore. Questa postilla testimonia l’interesse di Foscolo per la figura e per le opere dell’Abate calabrese, in relazione all’inter­pretazione profetica della Divina Commedia. Secondo Mazzini, Foscolo “cercò in Dante non solamente il padre della lingua nostra, ma il profeta della nazione”. Ristampando il Di­scorso foscoliano, Giuseppe Mazzini pubblicò la lunga postilla di Foscolo su Gioacchino da Fiore e da questo momento nacque in lui un interesse specifico e diretto per l’Abate di Fiore. Un interesse vi­vificato dal gioachimismo lessinghiano giunto nel Risorgimento italiano. Lessing, in L’educazione del genere umano, ipotizzava la possibilità di una terza “rivelazione-educazione” in cui non ci sa­rebbe stato più bisogno di pensare al premio eterno per compiere il dovere morale: “Verrà certamente il tempo della perfezione in cui l’uomo farà il bene perché è il bene, non più in funzione di arbitrarie ricompense. Verrà certamente il tempo di quel nuovo Vangelo eterno. … forse la teoria delle tre età del mondo non era solo un’illusoria chimera”. Questo paradigma lessinghiano, evocando la visione gioachimita, sostenne la visione pedagogica e politica di Mazzini. Il profetismo dantesco di derivazione foscoliana e il gioachi­mismo lessinghiano si integrarono, nel pensiero mazziniano, in una visione religioso-politica che aveva al suo centro la missione di Roma o, meglio, la profezia di una Terza Roma. Questo tema sarebbe rimasto fino alla fine della predicazione mazziniana. Nel periodo successivo al 1861 e all’Unità d’Italia, Mazzini coltivò un ulteriore interesse per Gioacchino da Fiore: nel carteggio con Marie Catherine Sophie, contessa d’Agoult, apparve la suggestione lessinghiana di Gioacchino come profeta di una terza Religione. Nella celebrazione del centenario della nascita di Mazzini, Gaetano Salvemini sottolineò l’aspetto religioso del pensiero mazziniano, ricapitolato nella cifra simbolica di Gioacchino da Fiore: “Queste sono le teorie religiose, politiche e sociali di Giuseppe Mazzini: una specie di Evangelo Eterno del … calavrese abate Giovacchino / di spirito profetico dotato”.

*Presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti

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