CENTRALE ORICHELLA

di Michele Belcastro

Agli inizi degli anni ‘20, la Sila regnava nella più completa solitudine. Dalle sue pendici scorrevano ruscelli e torrenti, formando a valle fiumi d’incomparabile bellezza, come il Crati, il Neto, l’Arvo, il Tacina, il Soleo; la trota fario ne era la regina. I pascoli primaverili richiamavano gli armenti dalla Marina, i campi si ammantavano di un’infinità di colori; al caldo sole d’estate maturavano i prelibati frutti di bosco: fragole, lamponi, more. In autunno la natura cominciava a spogliarsi, si preparava ad andare in letargo, gli armenti se ne scendevano verso il mare; sopraggiungeva l’inverno con il suo bianco manto, tutto copriva, dai monti alle pianure, tutto si assopiva, tranne il gorgoglio dei fiumi e il guizzare delle trote. Rimanevano solo gli animali selvatici stanziali; anche i briganti lasciavano il territorio reso inospitale, trovando rifugio in altri luoghi. Tutto scorreva seguendo il corso delle stagioni e del tempo, l’uomo ancora non ci aveva messo lo zampino. Alla fatidica data del 1922, come per incanto, tutto quanto descritto sopra si trasformò e, grazie alla genialità dell’uomo (non sempre negativa), il territorio subì una radicale trasformazione. I corsi dei fiumi furono sbarrati e le acque dirottate a mezzo canali all’aperto e gallerie sotterranee nei bacini già predisposti ad accoglierle; nacquero sull’altopiano i primi due laghi artificiali: Arvo e Ampollino. Le centrali, adibite alla produzione dell’energia elettrica sfruttando le acque dei bacini artificiali, vennero costruite per forza di cose in zone impervie e di difficile accesso (i salti di caduta erano possibili solo in determinati punti). Per le prime due: Orichella e Timpagrande, si fece fatica finanche a trovare uno spiazzo per costruire l’edificio atto a contenere le turbine, tanto le zone erano ripide e selvagge. Solo Calusia non ebbe questi problemi, perché in pianura. La prima centrale quella di Orichella, costruita sulla sponda sinistra del fiume Ampollino, è l’unica a ricadere nel comune di San Giovanni in Fiore. Al pari dei laghi, che hanno impreziosito l’Altopiano Silano, le centrali non sono state da meno. Ingegneri e maestranze, seppero domare questi dirupi inaccessibili creando edifici, piani inclinati, condotte forzate, teleferiche, avendo sempre comunque il massimo rispetto per la natura circostante. La centrale di Orichella entrò in esercizio nel 1929, l’interno dell’edificio ospitava tre gruppi generatori con una potenza totale di 56 MW. Agli inizi del 1980 l’impianto è stato potenziato. E’ stata costruita una nuova centrale a fianco di quella esistente (per non interrompere la produzione si preferì costruirne una di sana pianta). All’interno del nuovo edificio sono stati montati due gruppi generatori con una potenza totale di 129 MW. Le acque restituite dall’impianto, vengono raccolte in un bacino di modulazione di 200 mila mc. Affluiscono in questo bacino tramite galleria le acque del Neto e dell’Arvo, captate con la presa Juntura a valle del nostro paese. A questo punto sorge davvero la famosa domanda: chi fornì l’energia elettrica occorrente ai vari cantieri dislocati in posti così lontani? Tutto si risolse con la costruzione di una centrale “provvisoria” capace di alimentare più cantieri contemporaneamente. Fu il primo impianto ad essere costruito nel 1922. Per 7 lunghi anni fornì energia elettrica ai cantieri dell’Ampollino, dell’Arvo, della presa Juntura, delle centrali di Orichella e Timpagrande. Venne dismessa a Gennaio del 1929 quando cominciò a funzionare regolarmente la centrale del 1° salto (Orichella). La centrale provvisoria, fu costruita sempre sul fiume Ampollino, poco più a monte della località dove doveva nascere la centrale definitiva, utilizzava un salto di 120 metri e conteneva due gruppi generatori di 500 hp più uno di scorta. Questa centrale provvisoria merita rispetto e gratitudine per il servizio reso alla collettività; all’edificio ancora esistente andrebbe deposta una targa di merito a futura memoria. Quando venne dismessa, l’edificio fu adattato a foresteria per il personale che svolgeva i turni alla nuova centrale. Nel 1966 chi scrive ebbe l’onore di pernottarci più volte in quanto lavorava alla centrale come turnista. Nei sogni notturni, percepiva ancora il rumore delle turbine rombanti.

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