M’ASSIMIGLI NA SIGNA

Il famoso glottologo tedesco Gerhard Rohlfs, autore del “Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria”, che conosceva la nostra regione più degli stessi calabresi, sosteneva che la “Signa”, in dialetto calabrese, non è altro che “Scigna” cioè la scimmia. Infatti, anticamente nel nostro paese si indicavano con il vocabolo “Signa” quelle persone che facevano smorfie che rassomigliavano al modo di comportarsi tipico delle scimmie. Nel comune di Cassano sullo Ionio (in provincia di Cosenza) una certa signora Laura veniva indicata dai vicini come una “Signa” per la sua avarizia e per il viso sempre scuro, cioè poco allegro. Il volto della “Signa” è scolpito in diversi portali delle vecchie case del nostro paese, posizionato come “chiave di volta”: una specie di cuneo su cui poggia il peso dell’intero manufatto in pietra. La “Signa”, sempre in tempi passati, metteva paura ai bambini che si voltavano dall’altra parte quando ne vedevano scolpito il viso. A San Giovanni in Fiore era molto diffuso il detto “M’assìmigli na Signa”, quando una persona (solitamente di sesso femminile) si rifiutava di rispondere ad una domanda formulata da altra persona. Altro detto “Si brutta ccu una Signa”, per indicare in modo sprezzante una persona poco affabile. Nel “Vocabolario Calabrese Italiano” di Luigi Accattatis è riportato un esempio abbastanza significativo di questo personaggio: “Ppe la casa e ppe la vigna, se marita puru a signa”, per dire che una donna ricca, anche se brutta, trova marito grazie alla dote che porta. Infine, si racconta della presenza di una donna del Timpone indicata come “’A Signa e Bellinu” (Bellino in questo caso è quell’orto dove è sorta poi la Scuola Materna di via Bellini). Per non perdere di vista l’immagine della “Signa”, consigliamo, comunque, agli amanti del folclore e delle tradizioni sangiovannesi di andare in giro per portali, nei quartieri del centro storico, cercando proprio nella parte alta al centro dell’arco, solitamente scolpita in pietra, l’immagine di questo personaggio, che tuttavia ci ha fatto compagnia, magari spaventandoci, quando ancora adolescenti passavamo davanti ai portoni delle case abitate da famiglie più facoltose. Ma non abbiate paura, ch’io sappia la “Signa”, non ha fatto male a nessuno.

Saverio Basile

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