RESTAURATO IL CHIOSTRO DEI CAPPUCCINI

di Giovanni Greco

Il convento cappuccino di San Giovanni in Fiore è stato costruito tra il 1639 e il 1649 ed è stato l’ultimo dei conventi aperti nella provincia dei Frati Minori Cappuccini di Cosenza. Come quasi tutti i conventi cappuccini era al centro di un vasto orto e aveva la forma di un quadrilatero compatto. A destra la chiesa con la facciata rivolta a oriente e a sinistra il convento che si sviluppava intorno al chiostro semplice, quadrato, quattro archi per lato, la copertura fatta di tavole ed embrici e al centro il pozzo dell’acqua. Negli anni ’20 del Novecento e nei decenni finali dello stesso secolo la struttura conventuale è stata oggetto di diversi lavori di ampliamento, ristrutturazione e ammodernamento che le hanno fatto perdere le antiche forme originarie. Venendo per brevi soste nel paese natale nel corso del suo girovagare per diversi conventi, a padre Biagio Bonasso capitava sovente, nell’attraversare il chiostro, di immaginarlo quantomeno restaurato, accogliente e più bello, visto che sarebbe stato molto complicato e difficile eliminare le superfetazioni aggiunte e riportare il chiostro al suo antico stato. Così, arrivato nell’estate del 2014 come guardiano e parroco, non ha perso tempo e si è subito mobilitato per la realizzazione del suo proponimento, dando vita a un imponente lavoro di restauro, avvalendosi della consulenza e assistenza artistica dell’architetto Pasquale Lopetrone, funzionario della Soprintendenza a Beni Artistici e Monumentali della Calabria, e della riconosciuta abilità tecnica e manifatturiera del maestro muratore Vittorio De Donato. Tutto il “moderno” e bianco intonaco che copriva le pareti, le colonne e i solai di copertura è stato demolito e “spicconato”, mettendo in luce l’antica tessitura muraria fatta di calcina e pietre di granito friabile (sanźu), le buche per i sostegni alle impalcature, le linee seguite nell’innalzamento della muratura, pietre e resti di legno bruciacchiati a ricordare qualche incendio patito nel passato. E anche una rientranza con scansia nell’atrio, che doveva probabilmente servire come stipo-ripostiglio. Con i nuovi lavori le pareti non sono state più intonacate ma riportate alla nuda austerità e semplicità delle origini e al sobrio rigore francescano con una nuova “rincocciatura” di pietrame a facciavista e malta. La stessa operazione ha riguardato i quattro archi interni posti subito dopo l’entrata e nei pressi della sagrestia, dei quali due – quelli rivolti verso l’interno – fatti di sottili mattoni. Altri sei archi nello stesso stile della muratura sono stati aggiunti a segnare il limite dei corridoi. Gli archi della parte inferiore del chiostro, dotati come prima di vetrate, sono stati abbelliti con cornici d’intonaco bianco e ripiani di legno, mentre quelli del piano superiore rifatti con mattoni pieni di cotto e protetti con ringhiere di ferro battuto. I solai dei corridoi al piano terra sono stati rinforzati e coperti con travi e tavole. Il pavimento è stato ricoperto di mattonelle di cotto di colore marrone, esagonali come quelle delle origini. In un rettangolo protetto con una lastra di vetro nei pressi della sagrestia è documentata la “storia” del pavimento: un pezzo del “battuto” delle origini, le rustiche mattonelle esagonali calpestate nel Settecento e nell‘Ottocento, le mattonelle di cemento disegnate a fiori dei primi decenni del ‘900 e quelle ultime di marmo bianco montate nei successivi anni ‘70. L’atrio è stato separato dal corpo del chiostro con un portone a tre ante di legno chiaro e vetrato con riprodotto nella lunetta il simbolo francescano: le braccia di Cristo e di san Francesco incrociate sulla croce e la scritta «Pace e Bene». Per la luce artificiale sono state poste lampade a sospensione con piattina in ogni corridoio e fissati dei punti luce con una struttura lignea a forma di parallelepipedo – semiaperta da un lato e con lampadine led all’interno – tra le cornici degli archi. Sono stati rinnovati i canali di gronda e quelli pluviali, ripuliti i canali di raccolta delle acque sui quattro lati e anche il pozzo profondo otto metri. E’ stata riaggiustata l’area all’aperto e rifatto il selciato con sotto un manto d’isolamento per evitare le infiltrazioni piovane. E’ stato fatto pure un maquillage alla struttura in pietra granitica del pozzo e alla statuina del Poverello di Assisi con le braccia stese ad abbracciare l’umanità. L’opera è stata completata con una serie di dipinti che “raccontano” la storia del paese, del convento e della parrocchia. Ma di questo scriveremo un’altra volta.

Comments are closed.