di Francesco Mazzei
Nel nostro paese si crede ancora oggi all’affascinu, una forma di malocchio trasmesso da individui invidiosi o maligni che guardando una persona, la invidiano per bellezza, per ricchezza o per simpatia. L’affascinatu (ovvero la vittima) viene così colpito da un fastidioso mal di testa o rilassamento fisico, che spariscono soltanto se gli viene praticato il rito del cosiddetto sfascinu recitando una formula antica, mista di sacro e di profano, tramandata solo oralmente la notte di Natale da altra persona esperta della materia, con l’impegno che lo sfascinu va praticato, se necessario, ma solo a persone credenti, diversamente c’è il rischio della non riuscita. I primi sintomi della riuscita dello sfascinu, l’avverte chi esegue la formula che comincia a sbadigliare di continuo, mentre ripete “povariellu ccu é affascinautu” e, intanto, pronuncia a voce bassa la formula, seguita dalla recita di una Ave Maria e di un Padre nostro, segnando di continuo il segno della croce sulla fronte del “colpito”. La virtù di guaritrice dell’affascinu si perde si si rivelano le parole ad altri, in tempi diversi della Notte Santa. Di conseguenza le parole sono top secret. Del complesso rituale si può sentire solo la frase: “Chine t’ha affascinatu u core t’ha ligatu – e poi – ‘U core ccu la mente passa affascinu ca nun’è nente”. Queste parole si ripetono per tre volte ad alta voce. Se la donna o l’uomo che toglie l’affascinu sbadiglia, recitando l’ave Maria, è stata una donna ad “affascinare”, se sbadiglia recitando il Padre nostro, è stato un uomo. Per evitare il malocchio, le anziane consigliano di portare addosso un abitiellu (un sacchettino di stoffa cucito ai lati con dentro un pezzo di stola benedetta, un’immaginetta di un santo, un po’ di sale ed un po’ di corda di campane). A San Giovanni in Fiore l’affascino è una credenza molto diffusa; infatti, se un bambino, un adolescente o qualsiasi individuo, dimostri uno stato di indisposizione, appare svogliato ed inquieto, pallido più del solito o in qualche modo sofferente non c’è dubbio alcuno: è stato affascinato. Vale a dire che ha subito l’azione malefica dell’affascinu o jettatura emanate da certe persone, le quali per malignità, per invidia, per vendetta, oppure involontariamente, con gli occhi (‘u maluocchjo) o con le parole (‘u picciu) hanno influito sulla sua salute. Fra le tante cause, quella particolarmente temuta è l’invidia, per la quale i sangiovannesi nutrono una certa apprensione. Dice il detto: “nessunu te dicia lavate ‘a facce ca pari cchiù bellu”. A volte anche l’involontarietà di un’azione può essere la causa principale dell’affatturamento: si crede che basti un ingenuo sguardo di meraviglia o un abbraccio innocente, oppure una semplice lode o un’affettuosa carezza per colpire una persona. Molti nostri concittadini sono fermamente convinti di tale influenza demoniaca sino al punto che usano come preventivo una moltitudine di antidoti e scongiuri. Dicono “fore affascinu e fore malocchiu”, oppure sputano per tre volte a terra, si toccano le parti basse del corpo, fanno il gesto delle corna. Il sale poi, è ritenuto dai sangiovannesi un antidoto per eccellenza, capace di neutralizzare l’affatturamento. Anche al chiodo vengono attribuiti dai cittadini florensi poteri benefici, conficcandolo in un muro della propria abitazione si crede infatti, di inchiodare ogni maleficio. Tra i numerosi antidoti ancora, da annotare una serie di amuleti, oggettini ritenuti capaci di virtù magiche. Tra questi il più diffuso è “u cornicellu”, un oggettino di osso a forma di corno indispensabile come contraffascino, ad esso si attribuisce il potere di accecare gli sguardi maligni. Poco diffusi, ma non per questo meno efficaci, sono altri portafortuna o talismani: una conchiglia, un pesciolino, una chiave, una mezzaluna, un gobbetto, un ferro di cavallo, una tartaruga. A questi oggetti di tipo profano si mescolano oggetti sacri: foglia di palma benedetta, un po’ di cera, un po’ d’incenso, una medaglietta di un santo ecc. In ogni zona del nostro paese, ci sono tuttora delle persone anziane, che con innata fiducia adempiano a tale cerimoniale, custodendo gelosamente la magica formula ereditata in tempi lontani dai loro avi.