MAGGIORE RISPETTO PER I FIUMI

Il Neto, l’Arvo e il Garga

Maggiore rispetto per i fiumi

Non foss’altro perché fanno parte della nostra leggendaria storia

di Saverio Basile

La pandemia che ci ha tenuto prigionieri in casa per oltre due mesi, speriamo sia servita anche per farci riflettere su alcune importanti cose che riguardano il nostro futuro e quello delle generazioni a venire, cioè la salvaguardia di alcuni beni di prima necessita, per la sopravvivenza in caso da eventuali ribellioni da parte della natura come, peraltro, è avvenuto nei giorni scorso con il coronavirus. Tra questi beni il primo posto spetta all’acqua un alimento indispensabile nella vita degli uomini e degli animali. Il territorio di San Giovanni in Fiore è ricco di questo bene perché è attraversato da tre fiumi: il Neto, l’Arvo e il Garga, mentre il Lese e l’Ampollino ne bagnano il confine sul lato nord-est il primo e sul lato nord-ovest il secondo. Tutti questi corsi d’acqua raccolgono il contributo di decine di ruscelli e rivoli che ne ingrossano la portata man mano che scendono alla foce. Tanto per capirci il Neto lungo il suo percorso raccoglie il contributo di 68 sorgenti, l’Arvo 34 e il Garga 31, l’Ampollino 70 e il Lese 39. Una ricchezza che in altre parti del mondo sarebbe adeguatamente sfruttata creando possibilità di lavoro e quindi benessere per tutti. Da noi, fatta eccezioni degli invasi dell’Arvo e dell’Ampollino, che producono energia idroelettrica nelle sottostanti centrali dell’Enel, per il resto è acqua sprecata, forse più esatto dire “sporcata”. Perché il comportamento dell’uomo, specie negli ultimi sessant’anni, ha contribuito a provocarne ogni tipo di inquinamento delle falde. Pensate a quante case costruite abusivamente in Sila i cui rifiuti fognari finiscono nei fiumi, pensate ancora alle numerose tracce di natura chimica contenuta nei fertilizzanti adoperati in agricoltura, ma pensate soprattutto al tipo di inquinamento costituito da inerti che vanno dai rifiuti speciali come rottami di ferro, pneumatici dismessi, elettrodomestici fuori uso, calcinacci vari  e, ancora, di tutto e di più che ogni giorno ne mettono a dura prova le capacita organolettiche dell’acqua. Forse se gli abitanti della Sila avessero soltanto conosciute la storia e le leggende sorte intorno al principale corso d’acqua, il Neto, avrebbero avuto maggiore rispetto per questo fiume, che lo storico Strabone, nel suo VI libro di geografia, indica come luogo di accoglienza lungo le sue sponde, degli Achei, di ritorno della spedizione Iliaca; mentre secondo Apollodoro furono le donne troiane stanche della lunga navigazione, approfittando dell’assenza degli uomini, incendiarono le navi e scelsero di rimanere in questi posti ricchi d’acqua e di terreni fertili. Il Neto che ha origini del Timpone Sorbella (1.850 m.s. m.) nel cuore della Sila, raccoglie man mano che scende tutti gli altri fiumi lungo il suo percorso per giungere ingrossato e fresco alla foce in località Fasano, tra Crotone  e Strongoli, esattamente dove il pomeriggio del 16 giugno 1844, avvenne lo sbarco dei fratelli Bandiera e compagni, che si concluse – purtroppo – con la fucilazione nel vallone di Rovito di nove di loro, quel tragico 25 luglio. Un motivo in più per rispettare il Neto e i suoi affluenti, che fanno parte integrante della nostra leggendaria storia!

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