LE LUCIDI INTUIZIONI DI ALDO MORO

IL RICORDO DI UN GRANDE STATISTA

di Francesco Capocasale

Sono trascorsi 43 anni dal 9 maggio 1978 e viviamo, per l’emergenza covid- e non solo- un periodo di profondo smarrimento e di grave disagio, acuito dai timori sanitari per la pandemia che pare non debba mai finire e per le conseguenze sociali ed economiche che rendono drammatica la situazione del nostro paese già precaria prima del covid. Per come scritto recentemente dal Cardinale Parolin -non solo Segretario di Stato ma ascoltato consigliere di Papa Francesco, “c’è bisogno, in questo tempo di crisi della Fede e della ragione”, di ritrovare, insieme, una speranza, una prospettiva pur nell’emergenza che vive il nostro paese da oltre un anno. Nell’anniversario dell’uccisione dell’on. Moro forse possono aiutarci  le parole e il pensiero di una riflessione del  1944 scritta da un allora solo giovane docente universitario, in una fase storica tragica, dopo la guerra e il fascismo, del nostro paese impegnato a ritrovare la via maestra per avviare la rinascita democratica, notava Moro: “e adesso? da dove ripartire?, dobbiamo percorrere una strada lunga e difficile, cominciamo da qui, rimettiamoci  tutti a fare il nostro dovere, chi ha da studiare studi, chi ha da insegnare  insegni, chi ha da fare la politica attiva la faccia con semplicità di cuore, e nessuno pretenda di fare più e meglio, Perche questo é amare la Patria e l’umanità”. Accanto all’attualità di questo pensiero è innegabile riconoscere, a distanza di 43 anni dal 9 maggio 1978, e dopo le vicende politiche recenti e più remote vissute dal nostro paese dopo la scomparsa dell’on. Moro che, il tentativo se non la “lucida intuizione” morotea della solidarietà nazionale, fosse una significativa iniziativa per rendere “più scorrevole”, come è stato osservato, il percorso politico italiano verso la meta della Democrazia compiuta. La solidarietà nazionale teorizzata da Moro e recepita da Berlinguer, prima del declino della politica italiana, rappresentò, infatti, il “più corposo intervento di rigenerazione e rinnovamento” della Politica nel nostro paese, attuato dopo il 1948 e la guerra fredda, ed anche dopo i pur apprezzabili risultati connessi alla prima ed originaria esperienza del centro–sinistra, con la realizzazione di importanti provvedimenti sul piano socio/economico rappresentativi del cosiddetto “riformismo non ideologico”. Interventi che incisero positivamente nel riequilibrio del paese, diminuendo il divario tra Nord e Sud, quasi a frenare quanto poi, purtroppo, si verificò successivamente, ed è amaro constatarlo; ovvero, “il gioco delle tre carte: costi standard, spesa storica  e fabbisogni”, aumentando così la distanza tra Settentrione e Mezzogiorno, in una logica che “il ricco diventa sempre più ricco ed il povero sempre più povero”, ignorando così le regole della solidarietà  e della sussidiarietà per un regionalismo  giusto ed equilibrato.  Anche sotto questo profilo va “ristudiata” la filosofia politica dell’on. Moro come Statista Meridionale e come uomo di Governo Nazionale, impegnato per un coerente riequilibrio territoriale del nostro paese; tanto anche in considerazione del Recovery e del PNRR e degli altri sostegni europei che dovrebbero alimentare, nel prossimo futuro, senza assistenzialismo, ripresa omogenea e sviluppo diffuso, non generando ulteriori penalizzazioni per il Sud, ingiuste e inaccettabili.  Oggi, oltre l’indignazione che permane, per il delitto commesso dalle Brigate Rosse e i “misteri” che ancora avvolgono il  caso Moro, e per un processo significativo avviato ma bloccato tragicamente  e che puntava ad una corretta evoluzione democratica, superando il rammarico e la commozione per la scomparsa di un “Politico mite, pacifico e ragionatore”, resta l’impegno e la volontà per proseguire, sia pure in contesti  mutati quasi radicalmente, per una “nuova vita” all’insegna dei principi che Moro testimoniò: solidarietà e fede nella democrazia. È stato scritto: “Moro Sapeva che la sua morte avrebbe perpetuato il lavoro compiuto in una vita interamente spesa per la Democrazia e il suo ampliamento”, per questo Moro fu ucciso e forse anche per questo fu, durante le settimane del sequestro “il filosofo della sua morte”, quasi immaginando una lezione universitaria “a posteriori” da utilizzare nell’avvenire. Nell’attuale fase critica del nostro paese, “aspirazioni, ansie e delusioni ci accompagnano durante il nostro viaggio quotidiano”, ma Moro, oltre la sua tragica fine, ci ha insegnato che la “speranza é sempre in marcia” contrastando il “cammino a ritroso”; questa testimonianza va riattualizzata per elaborare un nuovo modello di sviluppo, sostenuto e condiviso dall’Europa rinnovato nei metodi e negli obiettivi, superando, nella solidarietà, emergenze sia sanitarie che sociali ed economiche. Tanto vale per noi cittadini e soprattutto per le nostre classi dirigenti, nella consapevolezza di quanto affermava Moro “una società politica che, per rapportarsi al meglio alla società civile, ha bisogno della iniziativa e della partecipazione di tutti”, quasi come l’indicazione di Papa Francesco: “nessuno si salva da solo”, contenuta nell’Enciclica Fratelli tutti e relativa alla Fraternità e all’Amicizia Sociale. Per noi, che fummo democristiani ed anche giovani d.c., Moro costituì sempre un riferimento, rimanendo, ancora oggi, per il suo enorme patrimonio culturale, politico e morale che incise in maniera profonda nella vita democratica italiana, influenzando positivamente la nostra formazione. Tanto accadeva, per un ricordo non nostalgico, ai democristiani di San Giovanni in Fiore quando, nel lontano maggio del 1972, il Ministro degli Esteri Aldo Moro, in un affollato comizio, tenuto presso il cinema Eden, spiegò  la “strategia dell’attenzione”, ancor prima dei Governi di solidarietà nazionale per allargare e rendere più stabile la nostra democrazia dopo il ‘68, contestazione guardata con attenzione da Moro che temeva, soltanto, oltre le sollecitazioni giovanili che  pure recepiva, le “punte acuminate” racchiuse nel terrorismo delle Brigate rosse che lo uccisero il 9 maggio del 1978.

Comments are closed.