L’INVERNO DEMOGRAFICO

LA POPOLAZIONE CONTINUA A DIMINUIRE NON SOLO PER LE NASCITE MA PER LA MANCANZA DI UNA SANITA’ RISPONDENTE ALLE ESIGENZE DEGLI ANZIANI

di Pietro Iaquinta*

Agli inizi degli anni novanta il prof. Antonio Golini, Accademico dei Lincei, storico demografo dell’Università La Sapienza di Roma (ma originario di Crotone), lanciava, in una trasmissione sulla radio nazionale, il suo anatema: la popolazione italiana rischia di estinguersi nel giro di un secolo, un secolo e mezzo al massimo. D’altronde, Papa Francesco, non perde occasione di citare nelle sue Udienze la grave situazione demografica che affligge l’Europa e l’Italia in particolare, lanciando la frase “l’inverno demografico” che assume in sé tutto il timore che queste dinamiche stanno proponendo agli occhi del mondo. Ma cosa sta succedendo alla popolazione mondiale se, proprio qualche settimana fa, abbiamo “festeggiato” il traguardo degli 8 miliardi di abitanti sul pianeta? Un numero esorbitante se si considera che, secondo le stime dell’UNFPA (United Nations Population Fund), ad inizio del XIX secolo (1804) è stato tagliato il traguardo del primo miliardo di abitanti, raggiunto faticosamente dopo millenni di crescita lenta ed alternata, secondo quanto osservato da Malthus nel suo Saggio sulla Popolazione mondiale del 1798. Gli ultimi due secoli, quindi, sono stati forieri di una crescita imponente della popolazione che ha dapprima interessato i Paesi c.d. ricchi, e solo in seguito anche i Paesi c.d. in via di sviluppo, per sottolineare che hanno ancora molta strada da compiere per potersi considerare Paesi Sviluppati. Anche l’Italia non si è sottratta a queste dinamiche che hanno caratterizzato lo sviluppo della popolazione e che hanno visto il XX secolo, quello in cui la popolazione si è più che raddoppiata raggiungendo il traguardo dei 60 milioni di abitanti. A queste dinamiche ormai consolidate non vanno taciute quelle che riguardano la concentrazione urbana, a scapito dei piccoli comuni che, inesorabilmente, soffrono una dinamica demografica negativa, dovuta a tante cause, non solo economiche. In questo contesto San Giovanni in Fiore non si sottrae al declino demografico, declino che dal punto di vista quantitativo appare ormai fortemente compromesso se si considera che solo 40 anni fa, al Censimento del 1981, la popolazione sangiovannese superava di slancio i venti mila abitanti ed oggi (ISTAT, 2023) è già sotto quota sedici mila, con una tendenza alla contrazione che la vedrà nel giro di pochi anni scendere sotto la fatidica soglia dei quindici mila abitanti che si traduce in un passaggio a Comune secondario, quelli dove si vota senza ballottaggio. Siamo quindi in quella parte di mondo dove è già cominciato il declino demografico? Sì, lo siamo, ed i piccoli comuni vivono ancor più profondamente questo disagio anche a causa di scelte politiche spesso discutibili, tutte incentrate sulla riduzione o abolizione di servizi essenziali che costringono la popolazione ad aggregarsi in centri sempre più grandi ed affollati in nome di quella sinergia quantitativa che consente di ridurre (solo apparentemente) i costi. Per tornare alla capitale della Sila, almeno stante così le cose, ha un destino segnato, fra circa 40 anni scenderà anche sotto la soglia psicologica dei 10 mila abitanti, in barba alla enorme disponibilità di unità abitative (vuote) che lo contraddistingue. Ma ciò che farà ancora più scalpore sarà la distribuzione per età della popolazione sangiovannese, con una quota di anziani che supererà 1/3 della popolazione complessiva ed una quota di under 15 nell’ordine del 10% della popolazione, rosicchiando così la quota della c.d. popolazione attiva che supererà di poco il 50%. Sono quote imbarazzanti a cui dovremmo pensare di abituarci e di convivere nel prossimo futuro.

*Professore aggregato di Demografica presso l’Unical

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