DOMANI ALLA SORBONNNE DI PARIGI SARA’ PRESENTATO IL LAVORO DI GIAN LUCA POTESTA’

UN’INIZIATIVA DELLA SOCIéTEe’ DANTESQUE DE FRANCE

di Giuseppe Riccardo Succurro

A Parigi, nella Bibliothèque interuniversitaire de la Sorbonne, venerdì 13 dicembre 2024 alle ore 15:00, avrà luogo un interessante evento culturale organizzato dalla Société Dantesque de France. Verrà presentata l’edizione francese della pubblicazione di Gian Luca Potestà, “Dante en conclave, La lettre aux cardinaux “. Mentre inizia a Carpentras (primavera 1314) il conclave per scegliere il successore di Clemente V, Dante scrive ai cardinali italiani. Come un nuovo Geremia, lamenta l’avvenuto abbandono di Roma e li implora di trovare un’intesa contro i guasconi e lottare per un papa che chiuda la fase avignonese. L’appello prende forza dall’invettiva contro il defunto Matteo Rosso Orsini e il cugino Napoleone. L’antica inimicizia e le irriducibili divergenze fra i potenti cardinali romani avevano bloccato a lungo il conclave precedente, da cui era uscito infine eletto, a sorpresa, l’arcivescovo di Bordeaux (1305). Dante li rimprovera in quanto principali responsabili di quella scelta dannosa, frutto di calcoli infondati, puntigli ottusi, accordi sacrileghi, da lui rievocati in scatti rapidi e allusivi. Il testo della Lettera, conservato in un solo manoscritto allestito dal giovane Boccaccio, è ricco di acrobazie sintattiche ed espressioni oscure. Creduto pieno di errori di copiatura, è stato sottoposto dai critici a correzioni spesso disinvolte e arbitrarie. Questo libro ritorna al testo tramandato e ne dà una nuova edizione il più possibile aderente ad esso. Decifrando integralmente per la prima volta riferimenti a personaggi, vicende e scritti dell’epoca, recupera una fonte importante per la storia della Chiesa romana dall’abdicazione di Celestino V al primo decennio avignonese. Conoscitore disincantato di conflitti di poteri e dinamiche di corruzione nelle gerarchie, Dante incarna una figura nuova di intellettuale, di laico che nella Chiesa rivendica la parola in virtù della sua fede e conoscenza dei fatti. Qui il poeta e letterato si presenta come profeta, fiero di proclamare da solo e dal basso ciò che tutti sanno, ma nessuno ha il coraggio di dire. Il testo non è un’esercitazione letteraria né una lettera aperta, ma un drammatico richiamo a non rassegnarsi e ad agire al più presto. Ricevuta e letta dai cardinali italiani, la Lettera offrì a Napoleone Orsini una traccia per la sua richiesta di aiuto rivolta poco dopo a Filippo il Bello: ultimo, vano tentativo di rovesciare l’esito di una prova ormai impari.